A Long Shot
di Gao Peng
Cina, 2023, 117′, Drammatico, VOS
Nel primo lungometraggio del regista Gao Peng, A Long Shot, la pistola in questione viene vista durante i primi cinque minuti e poi rimane inutilizzata fino al finale. Per il resto delle due ore di durata di questo thriller oscuro e crudo, le armi da fuoco passano in secondo piano rispetto alla corruzione dilagante e alla criminalità nella zona industriale desolata del nord-est della Cina, dove una fonderia di ferro e acciaio di lunga data è nel mezzo di un importante processo di trasformazione
La Fenglin Ferroalloy Factory, un’enorme struttura ricoperta di ruggine dove è ambientato quasi l’intero film, impiega più di 8.000 persone ed è quasi una città a sé stante. Ma i salari non vengono pagati da mesi e i lavoratori – o chiunque ne sia rimasto – stanno diventando ansiosi. A proteggere il posto da un’ondata di rapine c’è Gu Xuebing (Zu Feng), un ex tiratore scelto la cui carriera è andata a rotoli quando ha perso parte dell’udito, costringendolo ad accettare un lavoro giornaliero come una delle guardie di sicurezza di Fenglin.
Gu presta servizio sotto il capo Tian (Shao Bing) insieme ad una mezza dozzina di persone, che formano una surrogata forza di polizia. I sospetti vengono regolarmente picchiati e raramente trasferiti alla polizia regolare, ed. hanno anche accesso alle armi da fuoco – una rarità in Cina negli anni ’90, come affermato nei titoli di testa – ma le usano solo in caso di emergenza.
Tornato a casa nel suo squallido appartamento, Gu sta costruendo segretamente la sua pistola artigianale, sperando di poter continuare a praticare lo sport che lo ha trasformato in una celebrità minore nella sua provincia. È un tipo solitario, che si tiene per sé al lavoro e mantiene una relazione a distanza con Jin Yujia (Qin Hailu, Cliff Walkers), una madre single che vive dall’altra parte della strada con il figlio adolescente, Geng Xiaojun (Zhou Zhengjie), che è un po’ un delinquente.
Gu scopre Geng mentre cerca di rubare rottami metallici dalla fabbrica. Invece di denunciare il ragazzo, decide di fargli da mentore, insegnando a Geng i rudimenti del suo lavoro Ma il richiamo del crimine è ovunque, sia che provenga dai lavoratori poveri, dai gangster in agguato nella zona o, come apprendiamo alla fine, da alcuni dei manager di Fenglin.
Attribuita a quattro scrittori, tra cui il regista Peng, la sceneggiatura descrive un mondo industriale fatiscente segnato da anni di furti e miseria, in cui tutti fanno quello che possono per sopravvivere. I ladri rischiano la vita per rubare fili di rame marci o parti di macchine rotte, rivelando fino a che punto quella parte della Cina fosse in gravi difficoltà all’epoca, con le aziende statali privatizzate e talvolta in bancarotta.
Sebbene sia ambientato a metà degli anni ’90, A Long Shot sembra alludere anche all’attuale crisi economica del paese, nonché a un sistema autoritario in cui lavoratori responsabili come Gu si ritrovano schiacciati dai poteri costituiti. Questo aspetto della trama finisce per scontrarsi con la storia di una rapina che emerge nella seconda metà del film, portando a un epilogo che prevede una sanguinosa sparatoria avvenuta durante la celebrazione del 40° anniversario della fabbrica.
Ciò che rende A Long Shot un film importante non sono le scene di azione, ma l’atmosfera distopica grazie anche alla fotografia ruvida di Florian Zinke (Two Tigers)
Black Cab
di Bruce Goodison
USA, 2024, 87′, Horror, VOS
Una coppia in crisi, Ann e Patrick, prendono un taxi di rientro da una serata. L’autista (Nick Frost) è inizialmente allegro, ma diventa presto evidente che non vuole farli scendere e prende in ostaggio la coppia, conducendoli lungo una strada abbandonata e – apparentemente – infestata da fantasmi. Qual è il suo obiettivo? E perché ha scelto proprio loro due?
Veterano del cinema drammatico britannico, Bruce Goodison ambienta una storia ispirata alla letteratura gotica di inizio Novecento, da Henry James a Shirley Jackson, in una narrativa on the road più tipicamente americana e vicina alla modernità. Con un cast ridotto al minimo, Nick Frost è il prevedibile mattatore in un ruolo in cui esprime tutto il suo repertorio, dal più abituale registro comico a più inediti toni oscuri, ma trova un ottimo contraltare in Synnove Karlson (Ann) nel creare la tensione adeguata. Un horror d’atmosfera e attesa, compatto e claustrofobico.
Cold Wallet
di Cutter Hodierne
USA, 2024, 92′, Thriller, VOS
Dopo che un gruppo di utenti Reddit, tra cui il padre separato Billy (Raul Castillo), si trovano invischiati in una truffa legata alle criptovalute, si organizzano per trovare e rapire il ricco influencer che gli ha fatto perdere ogni cosa. Le cose non si riveleranno semplici come avevano pianificato…
Hodierne mescola il genere classico della home invasion con una tematica estremamente legata alla contemporaneità, portando i propri personaggi all’estremo fino a svelare ciò che l’essere umano è disposto a fare per proprio tornaconto. Nonostante l’apparenza mefistotelica del cryptoguru antagonista designato, infatti, i protagonisti truffati hanno con lui non tanto un confronto morale quanto di classe, legato a un “noi contro loro” determinato dalla disposizione a compiere atti estremi per innalzarsi sopra gli altri. Non c’è calore e passione nella loro causa, come evidenzia l’ambientazione invernale e la fotografia fredda che permea anche le scene interne; il loro vigilantismo “alla Robin Hood” ha fini nobili?
Creepy Crawly
di Chalit Krileadmongkon e Pakphum Wongjinda
Thailandia, 2023, 92′, Horror, VOS
In un hotel di quarantena durante la pandemia, gli ospiti iniziano a sparire misteriosamente. Inizia a indagare un gruppo di giovani, che si chiede se c’è un fondo di verità dietro la leggenda urbana di una creatura a forma di insetto che si impossessa delle sue vittime…
Dalla Thailandia arriva un horror che gioca con le atmosfere buie e claustrofobiche della sua ambientazione, e l’idea di un contagio inarrestabile che trova similitudini nella realtà recente con la pandemia COVID-19, inserita non casualmente come elemento di sfondo. Gli effetti speciali, sofferenti di un budget basso per la richiesta sono compensati dall’uso sapiente delle luci, delle musiche e delle inquadrature per costruire la tensione di ciò che non si vede ma striscia in agguato, come la traduzione del titolo originale suggerisce (la versione internazionale The 100 fa riferimento al centopiede).
Il cast ristretto permette di concentrarsi sui protagonisti, in particolare i rapporti familiari che devono ricucire, e lo scontro di classe con il direttore dell’hotel, caratterizzato come un villain capitalista di taglio romeriano. Una visione leggera, riuscita nella costruzione della situazione e nella sua risoluzione.
Crosspoint
di Donie Ray Ordiales
Filippine/Giappone, 2024, 100′, Azione, VOS
In super anteprima una produzione figlia dell’incontro di due paesi il cui cinema sta avendo grande risonanza nel panorama contemporaneo, il Giappone e le Filippine. Protagonisti due uomini che devono fare i conti con il loro passato, in un racconto che promette amore e sacrificio e una confezione action/thriller dalla lenta costruzione fino a un finale esplosivo.
Punti di forza gli interpreti dei protagonisti Takehiko Hira, nominato agli ultimi Emmy per il ruolo di Ishido nella serie Shogun, e l’apprezzato talento musicale e attoriale filippino Carlo Aquino in un ruolo inedito. Donie Ordiales, regista filippino trapiantato in Giappone da vent’anni, ha riversato molte delle sue esperienze in una differente cultura e le storie personali che ha incontrato, e promette di mettere in luce le difficoltà riscontrate da molti lavoratori filippini all’estero.
Una fusione di punti di vista diversi, un’opera autoriale aperta al grande pubblico tutta da scoprire.
Deleter
di Mikhail Red
Filippine, 2022, 93′, Thriller/Horror, VOS
Lyra è ormai abituata ad approcciarsi alle persone come se fossero dei meri dati immersi nell’etere: il suo mestiere da “moderatrice di contenuti” la sta portando progressivamente verso un preoccupante appiattimento emotivo, da cui almeno in apparenza non sembra esserci via di fuga. Ogni giorno, di fatto, deve raggiungere una quota di video eliminati, in modo da evitare che i contenuti dalla natura violenta, sessuale od eccessivamente grafica si diffondano in maniera incontrollata sulle piattaforme web del paese filippino. Ma più si accinge a cancellare clip contenenti suicidi, stupri o comportamenti al limite del disumano, più il golfo che la separa dalla società e dai suoi individui si allarga. Ed è a partire da questo divario che Deleter articola tutte le sue istanze (narrative, tematiche, estetiche) per poi restituir loro una radicalità palpabile anche per mezzo di una contaminazione con i codici classici dell’horror psicologico. In questo modo il regista Mikhail Red riesce a proporre non solo un discorso – mai banale né pretestuoso – sulle politiche dello sguardo della contemporaneità, e in particolare sulla distanza emotiva con cui siamo ormai soliti approcciarci alle atrocità del mondo odierno, nel momento in cui ci vengono restituite attraverso le estetiche non-referenziali (e quindi desensibilizzanti) del digitale: ma mostra anche una grande capacità di legare queste riflessioni alle micro-censure a cui siamo sottoposti quotidianamente, soprattutto quando pensiamo di poter esprimere liberamente le nostre opinioni o visioni tramite le attività social(i). Perché malgrado il web possa essere un posto di “liberazione”, il suo reale volto è frutto di un filtro operato, in autonomia, da terzi. Ed è qui che Deleter fa nascere il suo vero orrore.
Indera
di Woo Ming Jin
Malesia, 2024, 104′, Horror, VOS
Indera ha aperto la settima edizione del Malaysia International Film Festival, il MIFFest, a Kuala Lumpur. Joe (Shaheizy Sam) non è più stato lo stesso dopo aver perso sua moglie (Azira Shafinaz) in un enigmatico incidente. Ha una figlia, Sophia (Samara Kenzo), che non è in grado di parlare a causa del trauma passato, mentre sono circondati dal tumulto dell’incidente di Memali del 1985 in Malesia. Con l’unico obiettivo di curare sua figlia, Joe incontra una donna giavanese che, secondo lui, potrebbe avere una cura per la condizione di sua figlia. Sia al padre che alla figlia viene assegnato un posto dove stare, e sia il padre che la figlia sperimentano qualcosa di inquietante e insolito che potrebbe semplicemente confondere i loro ricordi.
Woo Ming Jin filtra l’orrore tramite la divulgazione della cultura giavanese e malese, consentendo alla comunità locale di essere parte attiva nella costruzione estetica e narrativa del film, esattamente come accadeva nel suo film precedente Stone Turtle.
Più Joe scopre fatti, più pesanti diventano i misteri. Woo Ming Jin intende che le innumerevoli e inspiegabili oscurità servano da catalizzatore per la progressione del film, accumulando quanti più esempi possibili di algoritmi di “percorsi incrociati”. La navigazione del percorso del film, che confonde numerose idee in varie direzioni, infittisce notevolmente la trama. Anche la ricerca personale di Sophia per scoprire le verità nascoste sembra prendere numerose svolte, concentrandosi sull’orrore dal punto di vista di un bambino.
Indera è un film ricco di tradizioni e cultura e offre la possibilità di scoprire l’orrore da un punto di vista politico che la rende unico.
Minore
di Konstantinos Koutsoliotas
Grecia, 2023, 112′, Fantasy/Horror, VOS
In un porto costiero greco, uno stravagante gruppo composto da musicisti, culturisti, camerieri e turisti unisce le proprie forze per combattere delle misteriose creature provenienti dal mare.
L’ultima fatica del cineasta greco Konstantinos Koutsoliotas è una commedia-horror dalle forti tinte splatter che offre uno spaccato onesto e genuino dell’umanità greca. Turisti sognatori, musicisti folli e atleti improbabili sono solo alcuni degli eccentrici e grotteschi personaggi che popolano il mondo di Minore. Tutti questi individui ai margini della società sono descritti con amore da Koutsoliotas, che affida proprio a loro l’arduo compito di salvare sé stessi e la piccola cittadina in cui vivono.
Nightwatch: Demons Are Forever
di Ole Bornedal
Danimarca, 2023, 113′, Horror, VOS
La giovane Emma (Fanny Bornedal) accetta un lavoro come guardiano notturno nello stesso ospedale psichiatrico in cui, trent’anni prima, i suoi genitori hanno vissuto il trauma più grande delle loro vite. Mentre la ragazzina si addentra nei misteri che avvolgono le terribili vicende che hanno tragicamente coinvolto i genitori, risveglia involontariamente una potente entità demoniaca imprigionata nell’ospedale stesso. E così, l’incubo ricomincia.
L’atteso sequel del grande successo del 1994 Nightwatch, che ha avuto un remake americano nel 1997, è un horror cupo in grado di calare gli stessi traumi e devianze del prequel all’interno della cornice contemporanea. Il film vede come protagonista la talentuosa Fanny Bornedal, figlia del regista scandinavo, e segna il ritorno della star hollywoodiana Nikolaj Coster-Waldau, la cui carriera fu lanciata proprio dalla pellicola del 1994.
Oversteer
di Derrick Lui
Singapore, 2024, 86′, Azione/Drammatico, VOS
Dopo l’esordio intimista 1400 del 2015, arrivato con successo in molti festival internazionali tra cui la sezione Newcomers dell’Asian Film Festival, il regista indipendente di Singapore Derrick Lui ambienta la sua seconda opera nel mondo delle corse automobilistiche. Il giovane pilota Wind si scontra con l’ostilità del padre, che ha coltivato la sua passione per le macchine, poiché si rifiuta di unirsi all’azienda di famiglia preferendo lavorare in officina con l’amico Fu.
Lontano dai film hollywoodiani di genere realizzati in particolare negli anni ’70 e che vedevano spesso protagonisti Steve McQueen e Paul Newman, Oversteer cerca una forma di spettacolarità diversa, plastica nel descrivere la velocità e le sue mille insidie, con poche sequenze d’azione realizzare da stunt direttamente durante le riprese. Lui punta sui chiaroscuri e le luci al neon notturne, restituendo un’atmosfera liquida, di grande fascino. Sicuramente meno riuscita la caratterizzazione dei personaggi: nonostante l’ottima interpretazione di Aden Tan, il protagonista dimostra poche sfumature, e le interazioni con la moglie e con l’amico, che ne tradisce la fiducia, risultano spesso sopra le righe.
Oversteer rimane tuttavia un apprezzabile film indipendente, un sogno che ha richiesto a Lui 10 anni di lavorazione tra numerosi cambi di sceneggiatura, problemi nel trovare i fondi e la post-produzione durante la pandemia Covid-19 con problemi di spostamento tra Thailandia e Myanmar – dove è avvenuto un colpo di stato nel 2021.
Pula
di Brillante Mendoza
Filippine, 2024, 114′, Drammatico/Thriller, VOS
Le fondamenta di una comunità affiatata vengono scosse da un evento tragico: l’omicidio di un’adolescente. Il sergente maggiore Danilo Faraon (Coco Martin) intraprende un percorso di punizione, invischiato in inganni e tradimenti.
The Code
di Eugene Kotlyarenko
USA, 2024, 98′, Commedia/Drammatico, VOS
Seguiamo le disavventure di una coppia che non ha più rapporti. Mentre Celine (Dasha Nekrasova) intende dirigere un documentario sull’impatto della pandemia nei rapporti di coppia, Jay vuole aggiungere il suo punto di vista al racconto; la loro relazione entrerà in una spirale discendente di reciproco sabotaggio. La frase “ti amo”, ripetuta così spesso nel film, manterrà ancora il suo valore?
Kotlyarenko è un autore attento fin dagli esordi a riportare, attraverso la commedia, i nuovi approcci dei millennial all’intimità e le nevrosi dei rapporti condizionati dalla costante presenza dei social e della rete – con l’aggiunta in The Code della componente delle domande sul futuro legate al COVID-19.
Lo stile del regista, detto ‘cinema desktop’, prevede l’utilizzo di riprese multischermo non convenzionali, costituite da camere a mano in forma di finto documentario, microcamere di sorveglianza, webcam dei computer e gli schermi dei cellulari diventati nostra estensione. Lo scopo è di riprodurre la nostra percezione del reale – o meglio, iperreale – e l’apatia che gran parte della nuova generazione usa come scudo in un mondo così interconnesso e senza filtri. La frase di apertura di Orson Welles, un innovatore della narrazione mediale, può fornire una chiave di orientamento allo spettatore.
The Killer Goldfish
di Yukihiko Tsutsumi
Giappone, 2024, 95′, Horror/Commedia, VOS
Dopo che un fossile umano di 50.000 anni fa viene scoperto nelle profondità delle montagne giapponesi, una serie di bizzarri e strani omicidi si diffonde in tutto il paese. Misteriosamente, su ogni scena del crimine furono trovati una boccia per pesci rossi e un pesce rosso schiacciato. Erika, un’investigatrice dell’unità speciale del servizio di pubblica sicurezza, si occupa del caso e crede che gli omicidi siano il risultato dell’uso dei pesci rossi come arma da parte di un sensitivo. Ben presto, Erika viene coinvolta in un grande piano di vendetta derivante dai geni degli antichi fossili. Il prolifico regista giapponese Yukihiko Tsutsumi è tornato con una nuova storia avvincente e folle. Aspettatevi che spiriti inquietanti sorgano dal Giappone!
The Waterhouse
di Samuel Clemens
Regno Unito, 2023, 84′, Horror, VOS
Dopo aver rubato un prezioso dipinto, tre uomini si ritrovano presso una safe house ritirata in riva al mare, in attesa della loro complice (e madre di uno di loro) che tuttavia non si presenta. Mentre cresce il sospetto fra i tre che uno di loro possa essere responsabile della sua scomparsa, e l’arrivo di tre giovani donne alla casa complica i piani, si rende sempre più evidente la presenza di una creatura sinistra nascosta nelle acque…
Figlio del produttore e sceneggiatore britannico Brian Clemens e imparentato con Mark Twain, Samuel Clemens costruisce un’opera in tre atti in cui cambia spesso registro ma mantiene sempre alta la tensione: dopo i primi quindici minuti senza dialogo, la parte centrale si trasforma in un gioco delle parti e tra i generi uomo-donna, per culminare in un finale adrenalinico in cui i protagonisti si confrontano con le loro scelte passate. Tecnicamente di valore le inquadrature che ricordano costantemente la presenza del mare come potenziale pericolo (la steadicam de La casa fa scuola), la fotografia dai toni caldi in contrasto con il buio che permea buona parte della pellicola, e la musica al contempo ipnotica e minacciosa. Una pièce di tragedia greca, irresistibile come il canto delle sirene.
To a Land Unknown
di Mahdi Fleifel
Regno Unito/Grecia, 2024, 105′, Drammatico/Crime, VOS
Due cugini, Reda e Chatila (Mahmood Bakri), sono rifugiati palestinesi che hanno lasciato il Libano per cercare fortuna in Europa, e si trovano bloccati in Grecia disposti a compiere di tutto per ottenere passaporti falsificati e trasferirsi in Germania. Quando Reda perde i loro soldi a causa della sua dipendenza, Chatila escogita un piano disperato che coinvolge un ragazzo nella loro stessa situazione e una rumorosa donna greca (Angeliki Papoulia).
Passato per la Quinzaine des Cinéastes del Festival di Cannes 2024, Fleifel torna alla finzione dopo diversi corti documentari nei quali esplora il dramma sociale dell’esilio, della marginalizzazione, della speranza sempre più flebile. Reda e Chatila si sentono condannati a loro volta a essere sempre rinchiusi in una prigione: Gaza, il Libano… Atene è solo l’ultima, e la sensazione viene passata attraverso l’assenza di campi larghi e il gran numero di inquadrature della camera ravvicinate, spesso ferme sui volti interrogativi dei protagonisti.
Una ricerca di realismo e interesse a raccontare la realtà senza stereotipi e divisione tra il bene e il male paragonabile a quella della Nuova Hollywood (Brian De Palma e Martin Scorsese sono ispirazioni dichiarate). Una storia di persone prive di riferimenti senza compromessi, ben lontana dal taglio dolceamaro di Elia Suleiman.
What Remains
di Ran Huang
Regno Unito/Finlandia, 2022, 126′, Drammatico, VOS
Sigge Storm (Gustaf Skarsgård), paziente di un ospedale psichiatrico scandinavo, confessa di essere l’autore dell’omicidio di Carlos Ross, un bambino scomparso nel nulla quindici anni prima, nel 1977. L’uomo, a causa della sua inaffidabile e confusa memoria, verrà affiancato nella ricostruzione dei fatti dalla psicologa Anna Rudebeck (Andrea Riseborough) e dall’investigatore Soren Rank (Stellan Skarsgård); i tre, con metodi diversi, collaboreranno nel tentativo di ricostruire una verità dai connotati ambigui.
Partendo dalle collaudate fondamenta del Noir Scandinavo, Ran Huang si spinge oltre la superficie del crime, trascinando il suo film verso i fondali della profonda analisi psicologica umana. Tratto dal vero fatto di cronaca di Sture Bergwall/Thomas Quick.
What You Wish For
di Nicholas Tomnay
Regno Unito, 2023, 101′, Thriller, VOS
Ryan Mosley (Nick Stahl) è uno chef talentuoso con il vizio del gioco. I debiti accumulati lo spingono ad abbandonare gli Stati Uniti e ad andare a trovare il suo storico amico Jack (Brian Groh). Anche lui cuoco in un’agenzia di catering, l’uomo vive in una lussuosa villa in un paese dell’America Latina. Ben presto, in Ryan sorgono dei sospetti circa le attività che coinvolgono l’amico finché un tragico evento lo spingerà a modificare completamente i suoi progetti.
Teso e angosciante, il secondo lungometraggio scritto e diretto da Nicholas Tomnay, dopo il suo esordio nel 2010 con The Perfect Host, è un thriller calibrato con risvolti horror, innovativo nella forma ma che mantiene, allo stesso tempo, un occhio di riguardo verso la grande tradizione del genere, dall’indimenticato Psyco al più recente The Menu.