Parsley
di José Marìa Cabral
Repubblica Dominicana, 2022, ’85, Drammatico, VOS
1937, confine tra Haiti e la Repubblica Dominicana, Marie, una ragazza haitiana, aspetta un figlio da suo marito dominicano Frank. Il matrimonio tra haitiani e dominicani è mal visto dalla parte dominicana a causa dell’odio e del pregiudizio. Nel cuore della notte Marie e Frank vengono svegliati da grida lontane: è stata ordinata l’esecuzione di tutti gli haitiani presenti sul suolo dominicano che non sono in grado di dire la parola “perejil” (prezzemolo). Marie rimane sola, deve trovare un posto dove nascondersi prima di essere raggiunta dal massacro.
Il regista dominicano José María Cabral ricostruisce il massacro degli haitiani ordinato nel 1937 dal dittatore Rafael Trujillo. Un film in cui torniamo nel passato oscuro, xenofobo e razzista della Repubblica Dominicana. Il film presentato in anteprima mondiale al Miami Film Festival riporta ai giorni nostri l’ordine genocida di compiere il cosiddetto “massacro del prezzemolo” e lo fa attraverso gli occhi di Marie, una giovane donna haitiana incinta di 9 mesi sposata con un uomo domenicano. Parsley è un’esperienza straziante e senza freni che mostra la brutalità del massacro.
The Last Sentinel
di Tanel Toomsalu
Regno Unito, 2023, ‘117, Fantascienza, VOS
Un gruppo di soldati si trova bloccato su una base militare isolata, che separata due continenti. In attesa dei soccorsi, i soldati aspettano pazientemente, ma prima di questi potrebbero arrivare dei nemici ad attaccarli.
Le settimane diventano mesi in questo potentissimo lungometraggio incentrato sul senso dell’attesa e su una temporalità dilatata che si trasforma presto in paranoia. Le relazioni tra i personaggi diventano sempre più complicate mentre sale la tensione per capire quanto altro tempo dovranno passare in quella totale incertezza. È un film sulla paura del vuoto, sulla solitudine, sull’angoscia esistenziale che generano giorni tutti identici: The Last Sentinel è una di quelle pellicole che non si dimenticano facilmente, proveniente da un paese – l’Estonia – che raramente riusciamo a scoprire attraverso il cinema.
Streets of Coulors
di Ronnie Risalka
Australia, 2023, ’90 , Drammatico, VOS
Dopo essere stato accusato della morte del suo miglior amico in un combattimento da strada, il giovane spacciatore Tez perde la custodia legale di suo figlio di soli due anni. Si troverà a dover lottare con la dipendenza dalla droga per potersi ripulire velocemente prima che il suo bambino venga allontanato da lui per sempre: la sua sarà una vera e propria sfida contro il tempo e… contro se stesso.
È semplicemente folgorante questo esordio australiano, firmato da Ronnie S. Riskalla, regista arrivato al lungometraggio dopo diversi corti presentati a livello internazionale. Oltre alla trama, che può ricordare altre pellicole e si avvicina alle dinamiche del genere gangster, Streets of Colors aggiunge altri ingredienti importanti, dal tema dell’identità culturale – per la quale il protagonista ha un vero e proprio complesso – fino all’elaborazione del lutto dopo la perdita del migliore amico. La carne al fuoco è tantissima, ma Riskalla la gestisce al meglio riuscendo a dare vita a un noir dal forte respiro politico e capace di appassionare dal primo all’ultimo minuto. Scritta dallo stesso regista, la sceneggiatura, oltre a offrire una grande stratificazione psicologica dei personaggi, propone diversi colpi di scena che rendono la visione ancor più coinvolgente. Grande prova del protagonista Rahel Romahn, ma tutto il cast fa meravigliosamente bene il suo dovere.
Blast
di Vanya Peirsni-Vignes
Francia, 2021, ’97, Thriller, VOS
In un parcheggio parigino, Sonia si ritrova intrappolata dentro la sua auto insieme al figlio e alla figlia del fidanzato Fred, che rimane invece chiuso fuori dal veicolo, impotente di fronte a una situazione estrema: una mina è stata messa sotto l’automobile.
Aperto da una serie di immagini aeree che ci portano pian piano all’interno del parcheggio, Blast è un film che parte in medias res: bastano pochi minuti e ci troviamo di fronte un countdown di 30 minuti, esattamente il tempo che Sonia e Fred hanno per evitare il peggio e capire quale mente criminale stia dietro a un piano tanto diabolico.Lei è un’esperta di disinneschi, è appena tornata da una missione in Ucraina ed è abituata a gestire situazioni pericolose, ma in questa occasione la posta in gioco è molto più alta e sarà la missione più complessa di tutta la sua vita. Primo lungometraggio del regista e sceneggiatore francese Vanya Peirani-Vignes, Blast (il titolo originale è Déflagrations) è un’opera prima di grande tensione e di impressionante maturità espressiva. Più volte assistente di un maestro come Claude Lelouch (anche per il cortometraggio inserito nel film collettivo 11 settembre 2001), Peirani-Vignes sembra aver imparato molto dal grande autore transalpino e firma una pellicola adrenalinica ad alto ritmo che coinvolge dal primo all’ultimo istante. Un esordio semplicemente imperdibile.
A Place Called Silence
di Sam Quah
Malesia/Taiwan, 2022, ’105, Thriller, VOS
Dopo il successo di “Sheep without a shepard”, il regista sino-malese Sam Quah torna sui temi a lui cari della colpa, del perdono, della fede e del silenzio come metodo per far sentire la propria voce.
La vicenda è quella di un killer seriale che terrorizza una scuola di studentesse non ancora maggiorenni. Un istituto di regole rigide, inflessibili, la Jing Muh High School, dove Angie, figlia del preside si trincera, assieme a Madre Tong, in un silenzio prodromo di future disgrazie: omicidi, rapimenti, torture. “A place called silence” è percorso da una pioggia battente, da un senso della moralità che pervade tutti i personaggi, non solo quelli più prettamente religiosi, dove, come si fosse dalla parti del miglior Carpenter (“Il signore del male” primo modello), i meccanismi da film di genere sono unicamente uno strumento per parlare di altro: colpa e peccato, perdono e giudizio. A Sam Quah interessa soprattutto la poliedricità psicologica dei suoi personaggi, l’ambiguità di fondo che nascondono, il fatto che il plot possa prendere mille direzioni e che non sia mai imbrigliato da percorsi precostituiti.
Presentato nella sezione “New currents” al festival di Busan 2022 e in concorso al festival di Taipei nel 2023.
Tiger Stripes
di Amanda Nell Eu
Malesia, 2023, ’95, Horror, VOS
Assieme a “Inside the yellow cocoon shell” del vietnamita An Pham, vincitore della Camera d’or, “Tiger Stripes” di Amanda Nell Eu è stata una delle grandi sorprese del festival di Cannes 2023. Opera prima, vincitrice della Semaine de la critique, “Tiger stripes” ha confermato la vitalità del cinema malese, ma anche la capacità da parte dei paesi del Sud Est asiatico a costruire complessi schemi co-produttivi che coinvolgono i paesi dell’area ma anche paesi europei con formule vincenti che consentono a molti autori esordienti di imporsi sulla scena internazionale.
In questo anomalo horror ambientato nella Malesia rurale, la dodicenne Zaffan si accorge che all’interno del suo corpo stanno avvenendo improvvise mutazioni. Molte compagne di classe terrorizzate la allontanano, altre cercano di capire cosa sta accadendo. Interverrà un sedicente santone per allontanare i demoni dal suo corpo, ma alla fine, Zaffan sarà costretta a lasciare il villaggio.
All’interno dell’involucro del film horror e di genere, la regista intende costruire una parabola sull’accettazione delle diversità, di qualsiasi tipo, forma e genere. Gli effetti speciali e lo stile sono volutamente demodè e richiamano un certo spirito indipendente cormaniano, con un accento, ovviamente, sugli aspetti mistici ed ancestrali di una terra magica come la Malesia. “Tiger stripes” rimane un esordio inconsueto, irrequieto, pieno di vitalità, difficile da afferrare e da catalogare ma, proprio per questo, di grande fascino ed originalità.
Carbide
di Josip Žuvan
Croazia, 2022, ’113, Drammatico, VOS
Presentato in anteprima al San Sebastian Film Festival, “Carbide” è il film d’esordio del regista Josip Žuvan.
I protagonisti sono Nikola e Antonio, due ragazzini migliori amici che vivono in una località rurale di una città costiera della Croazia. Il loro passatempo preferito è la pirotecnica, e filmano le loro attività per cercare di spopolare su YouTube. Tuttavia, le famiglie dei due ragazzini sono in faida per un problema relativo all’acqua e al fango, anche se l’odio reciproco deriva da conflitti pregressi tra il nonno di Antonio e la nonna di Nikola, conflitti che si sono estesi anche tra i genitori dei due ragazzi. I segreti nascosti di questa faida influenzeranno anche il rapporto di amicizia tra Nikola e Antonio.
La pellicola è una riflessione sulla società croata e sul contrasto tra le antiche tradizioni e mentalità della stessa e l’avvento della modernità; la tecnologia e l’impatto che questa ha sui giovani ricopre un ruolo importante nella pellicola, con i video girati e condivisi dai due protagonisti in cerca di fama online, ma anche per la presenza costante di musica proveniente dalla televisione, dalla radio e dai cellulari. È un film registicamente curato, dalla fotografia cupa, dove spiccano le interpretazioni di tutti gli attori. I giovani Franko Floigl e Mauro Ercegović Gracin hanno un’ottima alchimia e contribuiscono a rendere il rapporto di amicizia tra i due protagonisti credibile e autentico. Il regista sa come tenere alta la tensione dello spettatore fino alla fine, con un’opera coinvolgente, malinconica e spaventosamente attuale.
Booger
di Mary Dauterman
USA, 2023, ’78, Horror, VOS
Presentato al Fantasia Film Festivl 2023, “Booger” è il lungometraggio d’esordio della regista Mary Dauterman.
La protagonista del film è Anna, una ragazza che sta affrontando il dolore per la perdita della sua migliore amica Izzy. Un giorno, Anna viene morsa dal gatto nero di Izzy, Booger, che scappa da una finestra e scompare. Mentre cerca in tutti i modi di ritrovare il gatto, Anna comincia a sentirsi molto strana e i suoi comportamenti assumono connotati sempre più felini: rigurgita palle di pelo, emette fusa e miagolii, comincia a nutrirsi di topi e di cibo in scatola per animali…come se stesse subendo una vera e propria trasformazione.
La pellicola è un body horror, genere attraverso cui la regista racconta la trasformazione non solo fisica, ma anche e soprattutto emotiva della protagonista in un momento di forte dolore. La Dauterman si sofferma su dettagli e sequenze spesso disgustose ma mai eccessive, messe in scena con eleganza e con un occhio molto femminile. La metamorfosi di Anna è un pretesto per farci entrare nella sua mente, un espediente che parla della difficoltà di accettare la perdita di una persona cara e della tentazione di aggrapparsi a qualunque ricordo a essa legata pur di tenerla in vita. In periodi oscuri spesso ci sentiamo smarriti, degli animali vagabondi, ed è ciò che Anna diventa nel film. La protagonista Grace Glowicki è strepitosa e si cala perfettamente nel personaggio, dando vita a sequenze disgustose, grottesche e spesso velate di un’ironia macabra irresistibile.
Eureka
di Lisandro Alonso
Francia/Messico, 2023, ’147, Drammatico, VOS
Murphy si mette alla ricerca di sua figlia, rapita dal fuorilegge Randall. Si apre come un western in bianco e nero Eureka, l’ultima pellicola del grande regista argentino Lisandro Alonso, celebre per film come La libertad, Liverpool e Jauja. Con quest’ultimo titolo ha moltissimo a che fare Eureka e non solo per la presenza di Viggo Mortensen (Murphy), nuovamente alle prese con la ricerca di una figlia.
Il protagonista arriva in un paesino decadente, abitato da ubriaconi e prostitute, che rendono ancora più complessa la sua ricerca.
Come in Jauja, anche in Eureka c’è poi un cambiamento improvviso, che ci porta alla contemporaneità: cambiano la fotografia, il formato e lo stile di un film spiazzante e sorprendente, tanto da essere una delle visioni più curiose e originali dell’intera stagione. Quanto scritto sopra è infatti una sorta di prologo di un film diviso in tre parti, stratificato e perfino metafisico, capace di (di)mostrare ancora una volta quanto il regista argentino sia uno dei grandi filosofi del cinema contemporaneo. La simbologia, inerente alla trasmigrazione delle anime, è di grande suggestione, così come l’intera costruzione di una pellicola che ragiona su possibili “ponti” per unire vari mondi, spazi, tempi e dimensioni. Più che un film, una vera e propria esperienza di visione, efficace nel dimostrare quanto il cinema possa ancora essere innovativo e profondo.
Tommy Guns
di Carlos Conceiçao
Portogallo, 2022, ’119, Drammatico, VOS
Angola, 1974. I portoghesi stanno lentamente abbandonando un territorio che viene via via riconquistato dagli indipendentisti. Mentre la colonizzazione giunge al termine, la strada di una ragazza locale si incrocia con quella di un soldato portoghese, che le porterà amore e morte. Intanto un intero plotone è barricato all’interno di uno spazio murato, da dove uscire sembra praticamente impossibile.
Mescolando influenze che vanno dal romanzo “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati al film “The Village” di M. Night Shyamalan, questo lungometraggio di Carlos Conceição è un prodotto che riesce a scuotere e sorprendere per l’intera durata. Molto ambizioso e ancor più stratificato, “Tommy Guns” prende strade decisamente anomale per parlare della guerra e farci riflettere su di essa, sottolineando più volte quanto il conflitto sia soprattutto uno stato mentale in cui i veri nemici siamo noi stessi. Il regista utilizza la metafora politica degli zombie per riflettere sulla storia, sulla tirannia e sulla colonizzazione per arrivare fino ai giorni nostri con spunti di grande attualità: il film propone ragionamenti importanti sulla natura ciclica delle oppressioni e sul desiderio di molti esseri umani di mantenere a ogni costo il proprio potere sugli altri. Splendida è inoltre la fotografia che rappresenta magnificamente tutti gli orrori, allegorici o meno, che vengono messi in scena in questa pellicola, che riesce a essere sia realistica sia metafisica. Una visione che non si dimentica al termine dei titoli di coda.
Leio
di Chalit Kraileadmongkol
Thailandia, 2022, ’149, Azione, VOS
Dopo il grande successo di “The maid” e “The medium”, il cinema thailandese d’autore prosegue nel suo percorso alla ricerca di una maggiore esportabilità, cercando di stare al passo con paesi come la Malesia e l’Indonesia che hanno conquistato importanti fette di mercato, non solo nell’area dell’Estremo Oriente. “Leio”, diretto da Chalit Kraileadmongkol, esperto di effetti speciali, va esattamente in quella direzione, ottimizzando gli ingredienti del genere, dai meccanismi per creare suspence, attesa, paura, all’utilizzo di un plot narrativo con elementi piuttosto universali.
La storia è quella di Kao, che torna al suo villaggio natio per partecipare ad una gara di trivellazione per cercare acqua di cui la comunità ha un disperato bisogno. Dopo i primi scavi, Kao si accorge che una strana creatura si annida sotto la superficie e che, una volta emersa, tenterà di sterminare tutti gli abitanti del villaggio.
Il tema del mostro, certo non nuovo nella Storia del cinema, è introdotto e sviluppato evitando stereotipi, insistendo piuttosto sulla carenza d’acqua all’interno della comunità come elemento per affrontare sfide che appaiono insuperabili.
Ring Wandering
di Masazaku Kaneko
Giappone, 2021, ’104, Drammatico, VOS
A Tokyo, il giovane Sosuke aspira a diventare un mangaka. Il fumetto su cui sta lavorando racconta della battaglia tra un cacciatore e un lupo giapponese. Purtroppo, Sosuke fatica a disegnare in maniera soddisfacente quella particolare specie estinta di lupo e perciò non riesce nemmeno a sviluppare la propria storia. Un giorno d’inverno, il ragazzo trova il teschio di un animale mentre scava fra le fondamenta in un cantiere, in cui lavora a giornata per guadagnarsi da vivere. Sosuke porta a casa un teschio senza permesso e la stessa notte si intrufola di nuovo nel cantiere per cercare altri pezzi di ossa, che potrebbero aiutarlo a disegnare il lupo giapponese, ma non trova altro. Deluso, lascia il cantiere e si imbatte in una misteriosa donna, Midori, alla ricerca del suo cane scomparso da una settimana. Sosuke decide di aiutare la donna a trovare il suo animale.
Il film diretto da Masazaku Kaneko, allievo di Takaisha Zeze perlustra il rapporto tra uomo e natura toccando le corde dell’imperlustrabilità di quest’ultima, spesso inafferrabile, misteriosa, ostile, ma allo stesso tempo di grande fascino per chi si avvicina. “Ring wandering” procede con mezzi toni, facendo sua la tradizione manga giapponese ed anche la lezione di Kurosawa di “Dersu Uzala”.
Double Thomas
di Yang Tianshuo
Cina, 2022, ’80, Drammatico, VOS
Durante la pandemia da Covid 19, una studentessa cinese è bloccata in Inghilterra, a Bristol, dal lockdown. Incontra un ragazzo anch’esso cinese che ha perso la madre e, insieme a lui, inizia un lungo e alternativo percorso in una dimensione alternativa. L’esordio di Yang Tianshuo ben riflette la paranoia creata dal lockdown e dalla pandemia, in particolare sulle giovani generazioni. La sua scelta è quella di affrontare il tema con uno stile d’avanguardia, rischioso per un’opera prima, che opera un perenne effetto di straniamento, di stordimento, sui suoi personaggi, chiusi in un involucro, e sullo spettatore. Molte situazioni narrative rimangono volutamente sospese ed irrisolte, perché tutti sono alla ricerca di una via d’uscita che non riescono ad identificare. Lisergico.
Growing Apart
di Long Lingyun
Cina, 2022, ’89, Drammatico, VOS
In Cina la “politica del figlio unico”, iniziata nel 1980 e terminata nel 2015 per porre un argine al boom demografico, ha creato abissi psicologici, famiglie spezzate, vuoti emotivi difficili da colmare. Cheng Fei è un diciottenne che non sa nulla della sua vera madre. Si comporta da ribelle, gira sempre con uno skateboard. Un giorno, in un annuncio online legge di una ragazza scomparsa. In questo modo risalirà alla sue origini e farà piena luce sulla sua infanzia. Opera prima tesa e dark, lontana dal coming of age e dal ritratto adolescenziale ma anche dalla denuncia sociale. “Growing apart” è un duro ritratto di una generazione perduta, disorientata, arrabbiata, in perenne conflittualità, abituata a vivere in un’ombra dalla quale non riesce ad uscire e ad affrancarsi. I toni solo lividi, cupi, notturni, con una tensione montante, con rapporti intrafamiliari irrisolti.
Hungry Ghost Diner
di We Jun Cho
Malesia, 2023, ’116, Fantasy, VOS
“Hungry ghost diner” è il folgorante esordio di We Jun Cho, segnalatosi alla critica internazionale per una serie di premiati cortometraggi. Costretta a mantenere un piccolo baracchino ambulante durante l’Hungry Ghost Festival a causa del lockdown da Covid 19 nella zona rurale di Berhang, la giovane ribelle Stesen improvvisamente si ritrova ad essere mira di fantasmi di parenti deceduti da tempo. Nelle dichiarazioni del regista, si capisce che la storia è ampiamente autobiografica. Il regista, infatti, ricorda come nel 2017, alla perdita della nonna, si era riavvicinato alla propria famiglia e alle proprie radici, alle tradizioni con cui era cresciuto, (il rito del funerale Hakka, ad esempio, ricco di simbolismi, magia e fascinazioni di vario tipo). Il film riesce ad unire tutti questi elementi mirabilmente: Stesen è un personaggio letteralmente inafferrabile, riottoso ad essere imbrigliato – anche in periodo pieno di restrizioni come quelle determinate dal Covid – anticonformista, ribelle. Il fantasy è un elemento che arriva quasi inevitabilmente, unendosi con la componente più ludica e divertente. Da “Hungry ghost diner” emerge una grande freschezza, una ricchezza di idee e una chiara volontà di non strafare e di non essere velleitari, errore in cui incappano ancora troppi cineasti alla loro opera prima.
Deadland
di Lance Larson
USA/Venezuela, 2023, ’92, Thriller/Western, VOS
A El Paso, in Texas, Angel Waters lavora come agente di polizia ed è incaricato di vigilare la zona di frontiera che separa il Messico dagli Stati Uniti. Durante un normale controllo di routine, egli si imbatte in un uomo che sta per annegare, riuscendo a salvarlo. Questo incontro lascerà un segno indelebile nella mente di Angel, risvegliando in lui ricordi da tempo sepolti. Dopo aver diretto diversi cortometraggi, il regista Lance Larson realizza il primo lungometraggio. In questo suo esordio ciò che colpisce immediatamente è la bellezza visiva ed estetica delle immagini: i paesaggi selvaggi e sconfinati del Texas vengono ripresi in tutta la loro imponenza. In questa natura arida e brulla si consuma la storia di un uomo costretto a guardarsi dentro, a fare i conti con le proprie origini e con il proprio passato, un passato che riemerge in modo brusco e violento. Dopo aver inizialmente indossato le vesti tipiche del western, “Deadland” assume sempre più le sembianze di un thriller dell’animo, in cui i tormenti interiori del protagonista giocano un ruolo fondamentale. Sequenze oniriche dalle forti tinte horror accompagnano la ricerca delle proprie origini da parte di Angel; la crisi d’identità dell’uomo rimanda metaforicamente all’anima identitaria degli Stati Uniti e alle tante etnie che popolano questa nazione (in questo senso la città di El Paso è un esempio emblematico). La vicenda di un singolo richiama la storia dell’America; così è bello pensare che non sia casuale il fatto che Larson abbia rubato proprio alcuni stilemi del western, genere archetipico del cinema americano, per raccontare una delle facce del proprio paese.
The Fishbowl
di Glorimar Marrero-Sánchez
Porto Rico, 2023, ’92, Drammatico, VOS
La quarantenne Noelia scopre che il cancro di cui soffriva, dopo anni nei quali sembrava essersi stabilizzato, è andato in metastasi. Una volta appresa la terribile notizia, la donna decide di interrompere le cure e tornare nella piccola Vieques, isola caraibica del Porto Rico in cui è nata. Qui ha la possibilità di trascorrere del tempo insieme alla madre e a vecchi amici che non vedeva da anni, oltre a dare l’ultimo saluto alla sua terra natia.
L’esordio della regista portoricana Glorimar Marrero-Sánchez è un dramma di grande intensità. La cineasta realizza un film sul dolore, un’opera che non risparmia allo spettatore sequenze crude, sporche, capaci di trasmettere tutta la sofferenza mentale e fisica della protagonista. “The Fishbowl” affronta con coraggio tematiche disturbanti come la malattia, il dolore e la solitudine, senza mai lasciarsi andare a una facile retorica che spesso ammorba pellicole di questo genere.
El Agua
di Elena López Riera
Svizzera/Spagna/Spagna, 2022, ’104, Drammatico, VOS
In un piccolo e sconosciuto villaggio spagnolo aleggia un’inquietante credenza popolare: alcune donne sono destinate a scomparire a ogni nuova alluvione, quando una tempesta causa lo straripamento del fiume che attraversa il paese. Durante l’estate, mentre gli adolescenti della cittadina cercano divertimenti in un luogo in cui non c’è molto da fare, si consuma una storia d’amore tra due giovani. Con il suo primo lungometraggio la regista spagnola Elena López Riera realizza un’opera capace di raccontare con grazia e delicatezza una vicenda amorosa, con alcuni momenti lirici e poetici particolarmente riusciti. “El Agua” accoglie prima molti stilemi del classico film romantico e successivamente inserisce la relazione dei due protagonisti in uno scenario che assume pian piano connotati sempre più post-apocalittici.
Aliens Abducted My Parents and Now I Kinda Feel Left Out
di Jake Van Wagoner
USA, 2023, ’87, Fantascienza, VOS
Presentato al Sundance Film Festival di quest’anno, “Aliens Abducted My Parents and Now I Kinda Feel Left Out” è la seconda opera del regista Jake Van Wagoner e racconta la storia di Itsy, un’adolescente aspirante giornalista che si trasferisce con la sua famiglia nella piccola cittadina di Pebble Falls, nello Utah. Itsy non è entusiasta di questa nuova vita e farà fatica ad ambientarsi, fino a quando, a scuola, non conosce Calvin, un ragazzo un po’ stravagante convinto che i suoi genitori siano stati rapiti dagli alieni 10 anni prima. Con l’intenzione di scriverne un articolo per il giornaletto scolastico, Itsy decide di conoscere meglio Calvin, il quale si sta preparando all’arrivo della prossima cometa: secondo lui, infatti, questo evento segnerà il ricongiungimento con sua mamma e suo papà. Nonostante il titolo altisonante e fantascientifico, l’opera di Van Wagoner è in realtà un dolcissimo racconto di formazione piccolo e intimo, una storia di amicizia tra due ragazzini emarginati che strizza l’occhio ai film per ragazzi degli anni ’80.
Dopo un bellissimo prologo dal sapore spielberghiano, la pellicola diventa un coming of age sull’imparare ad abbracciare le proprie stranezze e unicità, sull’elaborazione del divorzio e sull’importanza di avere accanto qualcuno disposto ad accettarci per come siamo. Il cuore pulsante della storia è la tenera alchimia tra i personaggi di Emma Tremblay e Jacob Buster, entrambi bravissimi. Il film è adatto a qualunque tipo di pubblico: dai più piccoli agli adolescenti, fino agli adulti nostalgici di questo tipo di storie. È un film divertente e toccante, che sa costruire una buona dose di mistero ed un’atmosfera magica grazie ai bellissimi paesaggi dello Utah, alla fotografia vecchio stile e agli effetti speciali, poco presenti ma sempre credibili.
Infinity Pool
di Brandon Cronenberg
Canada, 2023, ’117, Fantascienza/Horror, VOS
Presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2023, “Infinity Pool” è il terzo lungometraggio di Brandon Cronenberg, figlio del celebre David, che continua a seguire le orme del padre ma con una poetica e una visione tutta sua. Il film vede protagonista James, autore di un romanzo di scarso successo, che si reca insieme alla moglie Em in un lussuoso resort dell’immaginario paese di Li Tolqa. Lo scopo di James, insoddisfatto dal suo ultimo lavoro e dalla sua vita, è quello di trovare l’ispirazione per la stesura di un nuovo libro. Tutto cambierà quando James ed Em fanno la conoscenza di Gabi e suo marito Alban, che convincono la coppia a recarsi in una spiaggia fuori dai confini del resort. Al ritorno dalla gita, James, a causa della sua ubriachezza, investe per sbaglio un ragazzo, e il giorno dopo viene arrestato insieme a sua moglie. La polizia però offre a James una via d’uscita: in cambio di una cauzione, lo cloneranno e gli permetteranno di assistere all’esecuzione del suo doppelgänger. La pellicola trascina lo spettatore in una spirale di orrore, violenza e perversione psicologica, in cui assistiamo al lento decadimento del personaggio di James. Il tema portante del racconto è quello dell’identità: l’essere umano viene qui privato di tutto ciò che lo rende tale, una spersonalizzazione che permette a Cronenberg di riflettere sulla morte, sulla disparità tra gerarchie sociali e sulla perdita dei valori nell’epoca della digitalizzazione e di un nuovo edonismo sociale. È un’opera angosciante, visivamente disturbante e a tratti psichedelica, con sequenze viscerali profondamente carnali. Una discesa nella follia in cui dolore, piacere, orrore e ossessione si intrecciano tra loro. Eccezionali i due interpreti principali: Alexander Skarsgård incarna la perfetta “metamorfosi” umana della nostra epoca, mentre Mia Goth sa essere sensuale, enigmatica e follemente spaventosa allo stesso tempo.
New Life
di Josh Rosman
USA, 2023, ’85, Horror, VOS
Il film si apre con l’immagine di una giovane ragazza coperta di sangue, sta scappando guardandosi costantemente alle spalle. La ragazza, Jessica, viene inseguita da persone armate. La sua unica possibilità di fuga è andare a nord e fare tutto il possibile per rimanere nascosta fino ad attraversare il confine con il Canada ed iniziare una nuova vita. Mentre Jessica è in fuga, Elsa riceve l’ordine di darle la caccia. Un tempo importante agente sul campo, a Elsa è stata recentemente diagnosticata la SLA e il suo corpo sta lentamente smettendo di rispondere alla sua volontà. Elsa nasconde la propria condizione ai suoi colleghi e spera di dimostrare che può ancora fare il suo lavoro catturando Jessica.
Film d’esordio per lo sceneggiatore e regista Josh Rosman, New Life è stato presentato in anteprima mondiale al Fantasia International Film Festival a Montreal. Rosman cala lo spettatore nello scenario del gatto e del topo che si basa fortemente sulla tensione, scegliendo di cospargere alcuni scarsi dettagli qua e là. Inizialmente New Life non spiega perché Jessica sta scappando, né rivela per chi lavori Elsa: tutto quello che sappiamo è che le vite di due donne che non si erano mai incrociate prima sono connesse da questo inseguimento. Questa narrazione consente al pubblico di esplorare la lotta interna dei due personaggi.
Sira
di Apolline Traoré
Burkina Faso, 2023, ’122, Drammatico, VOS
Una giovane di nome Sira attraversa il deserto, seguita da diversi cammelli e dai suoi parenti secondo la tradizione Fulani, per raggiungere il suo promesso sposo. Mentre si concedono una sosta, vengono attaccati da alcuni estremisti islamici che irrompono nel loro villaggio nomade, uccidendo tutti gli uomini. Dopo essere stata brutalizzata, Sira viene abbandonata e intraprende un lungo viaggio nel paesaggio desertico. La strada che ha percorso, però, la porta nel campo dei suoi aggressori. Decisa a non arrendersi e vivendo dei frutti della terra, Sira si accampa in una grotta vicina a dove si trova i suoi nemici, mentre attende con pazienza il momento giusto per colpire. Tra le pellicole africane più intense dell’anno, Sira è un grande film che unisce riflessione sociale a spunti inerenti alla condizione femminile e al coraggio di una protagonista impossibile da dimenticare. Si tratta di una pellicola incentrata sull’integrazione difficile tra i personaggi e l’ambiente che li circonda, capace di dare vita a una serie di immagini di estrema brutalità ma sempre in grado di far ragionare lo spettatore su ciò che sta guardando. In questo revenge-movie si uniscono elementi tipici del cinema di genere con uno sguardo fresco e innovativo, capace di sorprendere.
My Tribe
di Milo Chiarini
Francia, 2023, ’122, Thriller, VOS
Nico ha passato vent’anni in prigione. Ora che è uscito si trova ad affrontare le difficoltà di una lunga assenza dalla sua famiglia. La fortissima relazione con i suoi vecchi amici, diventati tutti quanti dei gangster, si scontrerà con il suo desiderio di avere una vita normale, allontanandosi dall’ambiente criminale. La trama all’origine di My Tribe richiama molti polizieschi e noi del cinema transalpino del ventesimo secolo, quei grandi polar realizzati da autori del calibro di Jean-Pierre Melville. In questa pellicola si innesta però anche il gangster in un gioco di generi dal sapore postmoderno e capace di cogliere al meglio alcuni aspetti della contemporaneità. In questo dramma dolente e malinconico il coinvolgimento è altissimo dall’inizio alla fine e delle scelte di Nico partecipa anche il pubblico dalla prima all’ultima sequenza.
Inland
di Fridtjof Ryder
Regno Unito, 2022, ’82, Drammatico, VOS
Un’opera prima dalle atmosfere inquietanti, con protagonista un giovane senza nome di cui prendiamo il punto di vista. Come se fossimo in soggettiva di questo ragazzo, assistiamo a una vicenda sempre più intima, deformata da ricordi, desideri e traumi tanto misteriosi quanto spaventosi. Lo vediamo per la prima volta mentre viene dimesso da un ospedale psichiatrico, uno dei pochi segni del mondo reale e concreto nel film: quando poi stabilisce una sua routine, lavorando in un garage con la figura paterna Dunleavy, quella realtà concreta viene presto oscurata dai meccanismi della sua stessa immaginazione. È un esordio indimenticabile quello di Fridtjof Ryder, giovane regista britannico che osa giocare con la forma e la sperimentazione, andando al di là delle classiche convenzioni delle regole drammaturgiche tradizionali. Il ritmo del montaggio e la suggestiva fotografia rendono questa pellicola ancor più affascinante e capace di spingerci dentro la mente del protagonista. Nel cast un attore come Mark Rylance – nei panni del padre – è il valore aggiunto di un’operazione di enorme forza espressiva.
Muoi – The Curse Returns
di Hang Trinh
Vietnam, 2022, ’95, Horror, VOS
Linh va a visitare Hang, un’amica di vecchia data in un’antica casa in una città vicina. Durante la visita, Linh scopre il ritratto maledetto di Muoi e la misteriosa maledizione che quel volto porta con sé. Anni di rabbia e tormenti sono al centro di questa storia inquietante, in cui la protagonista dovrà fare una scelta di vita o di morte per salvare la sua amica da questa potente maledizione. Inizialmente lei sa poco, così come noi spettatori, che pian piano entriamo in questa vicenda sempre più appassionante e coinvolgente col passare dei minuti. Mentre Linh scende sempre di più a scavare dentro i misteri di questa trappola orrorifica, anche noi sentiamo le sue sensazioni in un film horror dal climax crescente e pieno di suspence dall’inizio alla fine. Dal Vietnam arriva così un lungometraggio ad alta tensione, capace di non deludere i fan del cinema di genere.
Ripple
di Joey Moe
Danimarca/USA, 2023, ’90, Giallo, VOS
Una donna incappucciata e torturata in diretta streaming, un’indagine su una ragazza scomparsa e un talk show: Ripple è un thriller psicologico ispirato a eventi reali che affronta il motivo per cui le persone sono così ossessionate dalle macabre storie di True Crime. L’indagine condotta dal podcast True Crime “ Die” sull’omicidio di una giovane donna ha conseguenze impensabili per i protagonisti della pellicola, persone apparentemente non collegate tra loro, ovvero un custode, un conduttore di talk show, un ingegnere del suono. Il debutto alla regia di Joey Moe combina fervore sociale con il True Crime con uno sguardo bruciante sulle conseguenze di tale ossessione. Grandi interpretazioni di Ulrich Thomsen, Rasmus Hammerich e Ida Marie Nielsen.
Il film esamina il motivo per cui noi esseri umani siamo così ossessionati dai casi di omicidio reali e macabri e segue una serie di persone comuni, le cui vite si intrecciano con un risultato inaspettato. Primo lungometraggio per la pop star danese, Ripple è stato presentato in anteprima mondiale al Beyond Fest. Nel 2021 Moe aveva realizzato il cortometraggio “Fugleflugten“, presentato in anteprima all’Odense Film Festival ed è stato nominato per gli Ekko Shortlist Awards 2022.
Lockdown Tower
di Guillame Nicoloux
Francia, 2022, ’89, Fantasy/Horror, VOS
“Lockdown Tower” è il nuovo film del regista francese Guillame Nicoloux. La trama vede un alto palazzo di periferia accogliere molte persone di etnie differenti, che si sforzano di convivere tra loro cercando di evitare conflitti. Una sera, gli abitanti del grattacielo si accorgono che una massa di oscurità impenetrabile ha circondato l’edificio, sabotando le reti di comunicazione e isolandoli dal resto del mondo. Ma non solo: si scoprirà anche che questa oscura nube è tagliente e letale, dunque impossibile da attraversare. I protagonisti si ritroveranno dunque a mettere da parte i loro dissidi e a organizzarsi in modo tale da sopravvivere ad una situazione simile. Ma non sarà facile e le ostilità e violenze prenderanno presto il sopravvento sulla comunità, tra atti di estrema violenza e lotte per il predominio. “Lockdown Tower” inizia come un classico film horror in cui un evento cataclismatico misterioso costringe delle persone a rimanere isolate in un luogo, creando situazioni di disagio e pericolo. Si può ascrivere al classico filone conosciuto come “home invasion”. Ma la pellicola di Nicoloux si fa portavoce di un significato politico e sociale fortissimo e attuale: questo evento cataclismatico è un pretesto per mettere in scena ostilità tra culture diametralmente opposte, creare fazioni e rivalità. L’atmosfera è cupa e disagiata e alcune sequenze sono davvero estreme, ma propedeutiche a raccontare l’impotenza dell’essere umano, la sua natura bellicosa e la tendenza a creare muri e confini in situazioni di pericolo. Un film forte e disturbante, che racconta l’attualità con un occhio feroce e viscerale.
The Integrity of Joseph Chambers
di Robert Machoian
USA, 2022, ’96, Drammatico, VOS
Presentato al Tribeca Film Festival 2022, “The Integrity of Joseph Chambers” segna il ritorno alla regia di Robert Machoian, nonché la sua seconda collaborazione con l’attore Clayne Crawford dopo “The Killing Of Two Lovers”. La trama vede protagonista Joseph, padre di famiglia e assicuratore, che vive con la moglie Tess e i due figli in una casa in mezzo al bosco. Una mattina, Joseph si alza e decide di andare a caccia di cervi, nonostante Tess lo scoraggi a più riprese vista la sua inesperienza. Tuttavia Joseph non le dà ascolto, si fa prestare un fucile dall’amico Doug e si avventura nel bosco. Qui emerge tutta l’arroganza e incompetenza dell’uomo, determinato a dimostrare la sua virilità nonostante riesca a malapena a maneggiare il fucile. Nel tentativo di sparare ad un cervo, Joseph colpisce inavvertitamente un uomo; questo causerà in lui un crollo emotivo e mentale, che lo metterà di fronte alla sua vera natura. Attraverso una storia semplice e lineare, Machoian racconta la parabola di un uomo qualunque che cerca di dimostrare alla sua famiglia e a se stesso di avere tutte le qualità per cavarsela da solo in mezzo alla foresta. Il personaggio di Joseph cerca di imporre e ostentare un machismo di cui non è palesemente provvisto, e questa sua eccessiva sicurezza di sé lo porterà a commettere tragici errori, tra il grottesco e il drammatico. È un film che critica le imposizioni della società nei confronti dell’uomo medio, ma anche l’uso improprio delle armi in America. Molto curata la fotografia e il reparto sonoro, che permettono allo spettatore di immergersi completamente nell’ambiente boschivo in cui è ambientata la vicenda